"Soffiate sul mio giardino, perchè se ne spandano gli aromi !"

Cantico dei Cantici 

CALIPSO

La sveglia era stata impostata alle cinque del mattino. La macchina con il suo carico speciale era stata preparata nel tardo pomeriggio. Se ne era occupata Calipso e, come sempre, li aveva scelti uno ad uno ad una con cura e meticolosità. Basilico per favorire la memoria e la concentrazione, timo per aumentare il coraggio, rosmarino per non temere la morte. Ammirando le sue piantine aromatiche si stupiva ogni volta che memoria, coraggio e vigore vibrassero al loro interno, insieme ai loro inebrianti profumi. Di piante non si era occupata mai prima di allora. Non era in grado di distinguere un rododendro da una dalia, un'erba luigia da un'aneto. Tuttavia le piante una mattina le avevano parlato e Calipso aveva risposto al loro irresistibile richiamo. Alle otto del mattino la piazza del mercato del paese era brulicante di uomini e donne intenti a trasformare i loro improvvisati furgoni in banconi ricolmi di merce di ogni tipo. Frutta, verdura, formaggi si mescolavano ai vestiti di bassa qualità e alle gabbie e mangimi per uccellini. Calipso era nuova a quella realtà, vivace, urlante e colorata. Si guardò attorno con un leggero senso di smarrimento alla ricerca del vigile urbano che le indicasse dove sistemare la sua merce. Un'addetta del comune le aveva fornito informazioni dettagliate qualche giorno prima al telefono. L'incontro con i precari, è così che si chiamano i venditori ambulanti senza un posto fisso al mercato, devono aspettare alle otto precise un vigile nel centro della piazza principale del paese per verificare la possibilità di avere uno spazio libero nel mercato. Non sempre è possibile ottenerlo, le aveva spiegato la gentile impiegata. In quel caso, sarebbe ritornata a casa con il suo carico profumato.

 

Nel centro della piazza si era formato un capannello di persone, anzi di precari, in attesa di scoprire se quel giorno avrebbero avuto la possibilità di lavorare. A Calipso venne assegnato un posto proprio in fondo al viale, nell'angolo meno visibile della piazza. Se fosse accaduto solo qualche mese prima, Calipso avrebbe addossato al suo nome la responsabilità di quella infelice posizione al mercato. Ma ora tutto era diverso. Da quando in piena adolescenza aveva scoperto che il suo nome significava "nascosta", aveva iniziato ad attribuirgli la causa di tutti i suoi insuccessi. A scuola, non si sa come, finiva sempre in ultima fila e, nonostante lo sfinimento sui libri, le sue prove erano sempre opache ed anonime. Per anni aveva lavorato nascosta dietro ad un computer in un asettico ufficio, divenendo un'ombra inutile. Con i ragazzi passava inosservata e mai nessuno aveva perso la testa per lei o l'aveva corteggiata. Il suo aspetto era pallido ed anemico, come se anche il sangue si fosse impoverito, nascondendosi chissà dove. Era rimasta in quell'ombra fino al giorno in cui le aveva incontrate. Tuttavia non erano mai state lontane, anzi avevano danzato davanti a lei per anni. Si era inebriata della loro essenza smarrendosi per ore in letture che parlavano di profumi ed aromi, senza aver mai strappato nemmeno una foglia di basilico. Aveva ammirato il suo compagno cospargersi le braccia e il petto di salvia, raccolta con sacra devozione prima di arrivare nel piccolo triangolo di spiaggia incastonata tra le candide rocce di Cherso. Quanto a lei, sembrava che una forza oscura le impedisse di strappare anche un semplice rametto di rosmarino. Anni prima era ritornata trionfante con una borsa di lavanda dall'isola Hvar, che una volta a casa aveva perso del tutto il suo aroma.

Era come se il potere del suo nome avesse oscurato il ricordo e il profumo del viaggio. Fino a quel giorno, a lungo aspettato, rincorso, a tratti sfiorato. Un signore dall'aspetto curato e sportivo si avvicinò al suo tavolino di aromi. Era il primo cliente della giornata e il primo della sua nuova attività. Calipso sentì la linfa scorrerle dentro velocemente, era pervasa da una energia incontrollata, quasi primordiale e il cuore le batteva all'impazzata. In meno di dieci minuti di conversazione Calipso venne a sapere che l'uomo abitava nel quartiere più esclusivo del paese e che la moglie, da un giorno all'altro, aveva smesso di occuparsi del giardino e della cucina. Quanto a lui, aveva scoperto un'insanabile vena creativa tra le pentole ed un formidabile pollice verde. "Mia moglie è invecchiata improvvisamente. E' come se avesse cancellato interessi ed emozioni, trasformandosi in una donna fredda e legnosa." rivelò lo sconosciuto a Calispo con sorprendente sincerità, tradendo nella voce un tono di rimpianto, mentre lo sguardo indugiava sulle sue giovani labbra. Calipso stese la sua mano, candida e affusolata, su un rigoglioso vasetto di basilico greco, accostando con grazia al naso dello sconosciuto la piccola chioma cespugliosa della piantina. "Niente è meglio del basilico, allora...." affermò Calipso con ferma decisione, lasciando volutamente in sospeso la frase. Sapeva che le virtù del basilico non si limitavano alla sola cucina, ma andavano oltre: non era necessario elencare nel dettaglio le sue preziose proprietà, bastava tenerlo accanto affinchè dischiudesse la sua misteriosa alchimia. In quel cespuglietto aromatico vibrava l'energia che avrebbe aiutato la donna a rinverdire i suoi sbiaditi ricordi e a ritrovare il calore di un tempo.

Quanto a l'uomo, lo avrebbe stimolato a concentrare le sue attenzioni, il suo sguardo e le sue mani sulla moglie, assaporando i frutti di una rinnovata passione. A Calipso fu sufficiente scorgere negli occhi dell'uomo un lampo ed guizzo improvvisi, per sapere che la piantina aveva già intrapreso il suo mitico viaggio. "Quest'anno non posso comprare tutte le piante che vorrei" esordì un'anziana e bella signora, sgargiante nel suo vestito a fiori, in sella ad una bicicletta straripante di borse. La donna si avvicinò al banchetto per osservare meglio gli aromi di Calipso, dopo aver assicurato con difficoltà la bicicletta ad un'instabile cavalletto. Quasi a voler giustificare una sua eventuale, modesta spesa aggiunse che attendeva da una giorno all'altro di essere convocata dall'ospedale per essere sottoposta ad un'operazione. "Mio figlio non avrà certo tempo di prendersi cura delle piante durante la mia assenza – concluse la donna - ed io, in questa attesa, mi sento impotente e paralizzata dalla paura. Figuriamoci se riesco a dedicarmi alle piante !.

"Allora il rosmarino è proprio quello che ci vuole !" consigliò Calipso con trasporto, soffermandosi sulla capacità della pianta di sopportare lunghi periodi di siccità. Come per effetto di una moviola, vide scorrere la sequenza di un rito antico: immaginò corpi senza vita, purificati dal rosmarino, pronti per essere sottoposti al rituale di mummificazione, e le mani esperte degli imbalsamatori trarre, da quella stessa pianta, la forza per affrontare il quotidiano lavoro con la morte. Come si fa con gli amici di vecchia data, Calispo allungò all'anziana e colorata signora un fragrante vasetto di rosmarino. Mitigare la paura, infondere coraggio, sussurò Calispo con un filo di voce, sicura che il rosmarino fosse già diventato un alleato prezioso e avesse già iniziato la sua magica danza. Quando, qualche mese prima, ancora una volta era rimasta nell'ombra, paralizzata nel cerchio stretto del suo nome e nell'oscura caverna delle sue emozioni, Calipso aveva deciso che era ora di fare qualcosa. Il problema era di trovare la via di fuga, il modo di uscire allo scoperto, di urlare il suo nome e riversare fuori dalla pentola tutto quello che le ribolliva dentro da tanti anni. Se fino a quel momento si era sentita un'ombra vuota, un inutile ramo secco e sterile, una pellicola trasparente, era tempo di invertire la rotta. Si era seduta con le braccia penzoloni, il corpo inerte ad osservare il suo misero giardino. Solo sterpaglia e vasi rotti. Il paesaggio inospitale, arido e pietroso del suo giardino sembrava quasi lo specchio del suo Getsemani interiore. Eppure in quel groviglio di rovi e rami secchi, c'era la vita, pulsante e viva. Era da lì che doveva cominciare. Si era sdraiata sull'erba, aveva inspirato a lungo il profumo della terra e, immediatamente, era stata travolta da una vertigine di benessere che non provava da molto tempo. Aveva scavato affannosamente, proprio come un cane randagio alla ricerca di cibo.

Si era sporcata le mani e le braccia di terra, quasi a voler plasmare una nuova creatura. Se tutto era iniziato da un giardino, perfetto, immacolato e rigoglioso, allora anche la sua nuova vita poteva rinascere dalle ceneri di un giardino, imperfetto, incolto e abbandonato. Nonostante l'incuria e il desolante spettacolo, Calipso aveva notato con stupore un misero cespuglio di rosmarino e qualche rado e timido ciuffetto di salvia e timo. Aveva strappato un rametto di timo e ne aveva assaporato l'aroma, allargando voracemente le narici. Quasi sotto l'effetto di un rituale iniziatico, aveva cominciato ad accarezzare il suo corpo con quel misero rametto, sfiorandosi i piedi, le cosce, fino ad arrivare al collo e ai capelli. Era pervasa da quel poco profumo che, nonostante tutto, il piccolo ramo secco ancora riusciva ad emanare Le era sembrato che le sue gambe improvvisamente avessero riacquistato vigore e la sua pelle fosse diventata più tesa e soda. Era come se il suo corpo avesse un nuovo spessore. Allora era corsa in casa a guardarsi allo specchio: radi rametti di timo erano incastonati come gemme tra i suoi folti capelli, le mani, le braccia e le gambe cosparse di terra. Per la prima volta si vedeva di una bellezza da togliere il fiato, una creatura primordiale uscita da un viaggio dal centro della terra, eruttata e vomitata su un anonimo giardino. Si era toccata l'addome, tastando il suo ventre, che solo qualche minuto prima era una membrana flaccida e senza vita.

Si era accarezzata i seni, immaginando di sentire il profumo di mirra della bella Sulamita nel giardino degli aromi. Aveva esplorato le sue gambe, godendo del loro rinnovato turgore. Per la prima volta si era sentita bella e senza alcun difetto. Le labbra scarlatte, la bocca graziosa, le gote come un pezzo di melograna. Tutto questo era concentrato in quel vasetto di rosmarino che Calipso aveva compostamente sistemato nel cestino della bicicletta della variopinta signora: gli antichi egizi e i rituali di purificazione, il giardino dell'Eden e la nuova creatura, la pienezza dei seni e la forza delle braccia, il viaggio dal nucleo vitale della terra e l'ebrezza del giardino degli aromi. La folla dei curiosi stava lentamente scemando e il vivace curiosare dei passanti lasciava ormai il posto alla soddisfazione degli acquisti. Alcuni ambulanti avevano già iniziato a pulire i banconi e a fare un rapido bilancio economico della mattina. Calipso bella e sfolgorante dietro l'improvvisato tavolino di piante aromatiche, osservò compiaciuta il suo giardino ambulante di profumi, che quel giorno era stato letteralmente preso d'assalto. Storie, sorrisi e strette di mano si erano avvicendate per tutta la mattina, una dopo l'altra, a tessere la trama di una storia dove lei, la radiosa Calispo, era la dea incontrastata, dispensatrice di sapienza e bellezza. Mentre aveva iniziato a sgomberare le poche piante ormai rimaste sul grezzo tavolino di abete, una ragazza, sottile e diafana, si avvicinò con occhi curiosi.

A Calipso era bastata una rapidissima occhiata al volto emaciato della fanciulla per capire che il timo sarebbe stato il rimedio giusto. "Non conosco il timo e non l'ho mai utilizzato in cucina" le confidò la giovane, che aveva da poco perso il lavoro, si sentiva senza forze e pervasa da un senso di scoramento e di abbandono. Calipso avrebbe voluto dirle che il timo era nato dalle lacrime di Arianna, abbandonata dall'audace Teseo, ma non lo aveva fatto. Il timo avrebbe compiuto lo stesso il suo viaggio, anche senza spendere una parola sull'anima misteriosa della pianta. Non era nelle lacrime di Arianna il segreto del timo, era piuttosto l'eroismo di Teseo la virtù racchiusa nella pianta. E Calipso sapeva che, come Teseo, la giovane donna avrebbe sconfitto il mostro dell'avvilimento e compiuto qualcosa di grande. In quella occasione Calipso si limitò a fornire delle accurate informazioni su come trattare la piantina, augurando buona fortuna alla fanciulla. Era l'ultima vendita della giornata e cominciava a sentirsi stanca. Non si sentiva così dal giorno della sua metamorfosi, quando per ore aveva lavorato la terra del suo giardino. Il sudore della fronte di Adamo dopo la cacciata dall'Eden non era stata poi una condanna, aveva pensato in quella occasione Calipso. Dalla terra e con il suodore della fronte aveva acquistato una nuova dignità e il suo giardino degli aromi era il premio del viaggio di scoperta di sè e della gioia delle piante.

Calipso sistemò l'ultimo vasetto di salvia nel bagagliaio della macchina, insieme al tavolo pieghevole e al gazebo per ripararsi dal sole e dalla pioggia, e si mise alla guida con aria soddisfatta, non più nascosta, ma radiosa, sfolgorante di gioia e profumata di basilico, rosmarino e timo per ricordare, sconfiggere la paura e compiere imprese quotidianamente memorabili.

Maddalena Giuffrida

 
 

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